SANTA BRIGIDA D’IRLANDA: la santa che tramutò l’acqua in birra

Domani, 17 marzo, è san Patrizio.

E quando pensiamo ai festeggiamenti legati al santo irlandese è naturale che alla mente ci sovvenga lo scorrere di fiumi di birra…

In realtà, se c’è una santa persona che in Irlanda ha legato la propria vita e i propri miracoli alla birra, non è certo san Patrizio.

Sto parlando di SANTA BRIGIDA di Kildare, la santa che per il bene della sua gente, compì non uno, bensì DUE MIRACOLI alcolici:

1) la moltiplicazione della birra

2) la trasformazione dell’acqua in birra

Gli artisti avranno immortalato questi miracoli a dovere nelle loro opere?

Parlerò proprio di questo nell’ultimo video di Arte a modino: l’iconografia di santa Brigida di Kildare, una santa molto venerata soprattutto in Irlanda, nazione di cui è patrona insieme a san Patrizio e san Columba.

In questo video ho voluto denunciare la quasi totale assenza della rappresentazione del suo miracolo più importante.

Il miracolo a cui mi riferisco è uno dei più belli di tutto il panorama agiografico (e se conosco i follower di Arte a modino, so che molti di voi saranno d’accordo con me). Si tratta del miracolo della trasformazione dell’acqua in birra.

Finalmente un miracolo utile!

Perché un miracolo, a mio avviso, per essere tale, non deve essere solamente qualcosa di trascendentale, spettacolare… ma soprattutto deve essere utile!

Un vero peccato che l’attributo iconografico della santa sia una mucca (o talvolta la croce realizzata con i giunchi incrociati, detta appunto croce di santa Brigida), e non degli elementi che riconducano a questo spettacolare miracolo. Sarebbe più indicato, secondo me che gli attributi iconografici di santa Brigida fossero cose come l’infiorescenza della pianta del luppolo o tuttalpiù un barilotto di birra.

Arte a modino QUIZ – 7° puntata

Viola è tornata.

Dopo mesi di assenza rieccoci qui con il quiz di Arte a modino.

Siete pronti ad indovinare il misterioso dipinto arcanamente descritto da una bambina all’ultimo anno della scuola materna?

Il più veloce a rispondere correttamente nei commenti al video su YouTube, riceverà in premio l’ambita SPILLA DI ARTE A MODINO.

Mi raccomando, saranno ritenute valide SOLO le risposte nei commenti su YouTube!

STEFANO MARIOTTI pittore

Per la nuova rubrica di Arte a modino, chiamata “L’Artintruso” (dove l’Artintruso sono io, ci tengo a precisare), ho intervistato il pittore Stefano Mariotti: sono stato a casa sua, dove c’è anche il suo incredibile studio, pieno zeppo di sue opere, sia già terminate che ancora in fase di lavorazione.

Ha parlato della sua arte ma non solo. Una mattinata piacevolissima da cui ho ricavato questo video in cui Stefano parla, parla, parla… ma è davvero un piacere sentirlo! Naturalmente in questi 40 minuti di video è venuto fuori un po’ di tutto!

“Tagli di Fontana finti”, strani omini chiamati “Antipop” e tanto altro: scatole, buste e vari oggetti di recupero altrimenti destinati al cassonetto dell’immondizia a cui Stefano ha dato nuova vita.

il sito ufficiale di Stefano Mariotti: www.stefanomariottipittore.com

la sua pagina facebook: www.facebook.com/stefano.mariotti.7

Chiara Ferragni si è ispirata a Magritte?

Dite la verità: l’avete vista tutti, anche se non avete guardato Sanremo.

Penso che tutti voi abbiate visto uno dei vestiti indossati da Chiara Ferragni durante la prima serata del festival. Ne hanno parlato telegiornali, rotocalchi, su internet… sui social non ne parliamo! Si sono sprecati commenti di ogni tipo.

Ne voglio parlare in questo video non perché voglio dare una svolta ad Arte a modino facendolo diventare un videoblog di moda, ma perché effettivamente esiste un legame con la Storia dell’Arte.

L’abito indossato dalla Ferragni è stato realizzato da Dior, quindi lungi da me affermare che si sia trattato di plagio… è un capo originale, non voglio mettere in dubbio questo. Al massimo possiamo dire che è stato “ispirato” ad un’opera di un celebre artista del Novecento (e comunque il vestito è stato realizzato da Dior su un’idea di Chiara Ferragni, quindi l’ispirazione è da imputare semmai alla Ferragni stessa).

Chiara ci tiene subito a precisare che il vestito non è trasparente come a prima vista sarebbe potuto sembrare. È un trompe-l’oeil, come riporta anche sui suoi profili social: un vestito in tulle color carne che riproduce con un ricamo trompe-l’oeil il suo corpo. Quindi quello che vediamo non sono le forme di Chiara, ma il disegno riprodotto a ricamo del suo corpo.

L’opera che ricorda da vicino il vestito sanremese è un quadro di Renè Magritte, datato 1936, dal titolo “in memoriam Mack Sennett”. Mack Sennett fu un attore, regista e produttore cinematografico hollywoodiano, ancora in vita quando Magritte realizzò il quadro, ma che aveva da poco terminato la sua carriera, i suoi ultimi film risalgono a pochi anni prima che Magritte realizzasse quest’opera. Era andato in pensione e quindi questo “in memoriam” dovrebbe riferirsi a questo. Dico “dovrebbe” perché con Magritte non possiamo mai essere certi di niente.

Mack Sennett fu considerato il re della commedia nel periodo d’oro del cinema muto, lavorò con Chapli, Buster Keaton e poi con Stan Lauren e Oliver Hardy.

Ma analizziamo l’opera: è di questo che volevo parlarvi, usando la Ferragni come pretesto.

Cosa vediamo: un normalissimo armadio in legno, un armadio di quelli “della nonna” mi verrebbe da dire, ma negli anni ’30 questo era un comunissimo armadio.

Posizionato in una normalissima stanza, lo si capisce dall’angolo di parete che vediamo a sinistra e dal breve tratto di battiscopa in basso a destra.

Una delle ante dell’armadio è aperta, e al suo interno vediamo il vestito appeso ad una gruccia.

C’è solo quello e nient’altro.

L’occhio naturalmente è indirizzato verso la parte superiore dell’abito, da cui spuntano due mammelle: e questo basta per dare a tutto il dipinto un’aria surreale e una generale sensazione di disagio (e probabilmente era proprio questo lo scopo dell’artista!).

Come in molte opere di Magritte, è la giustapposizione di alcuni elementi a creare la sensazione surreale dell’opera. Niente di male a vedere un seno femminile, ma è un po’ spiazzante vederlo su un vestito. Oltretutto un vestito che sembra vivere di vita propria, quasi spettrale.

Il significato di tutto ciò ci è oscuro: c’è chi ha ipotizzato che ci sia un riferimento al suicidio della madre dell’artista. La madre morì annegata e quando fu ritrovato il corpo, il vestito le copriva il viso. Da qui sembrerebbe nascere il fascino di Magritte per i volti coperti da panni, o nascosti da altri oggetti oppure addirittura volti mancanti, come in molte sue opere. Anche in questo caso il vestito sembrerebbe simboleggiare una persona, ma il volto è assente.

Ma cosa c’entra con Mack Sennett del titolo?

Cosa c’entra con il produttore e attore cinematografico?

Apparentemente niente. E anche qui sono state fatte delle ipotesi.

Si potrebbe ipotizzare un legame con il cinema, con la commedia in particolare, la slapstick comedy, lanciata da Mack Sennett e tanto amata da Magritte.

La slapstick comedy è un sottogenere del cinema comico nato con il cinema muto, basato su una comicità che sfrutta il linguaggio del corpo e si fonda principalmente su gag elementari ma efficaci (torte in faccia, calci nel sedere, tanto per capirci…).

Capisco il vostro disorientamento cercando di trovare un connubio fra quest’opera e i film in bianco e nero con le torte in faccia, ma cerchiamo per un momento di entrare nella testa di Magritte, o per lo meno cercare di comprendere un artista vissuto in quegli anni: la generazione di artisti di cui faceva parte Magritte fu la prima ad avere a che fare con un mezzo potentissimo come il cinema. Ed è quindi probabile che abbia in qualche modo lasciato il segno nelle sue produzioni, nel suo linguaggio artistico. Anche se quest’opera a prima vista angosciante ci sembra distante anni luce da i film di Ridolini e Charlie Chaplin, dobbiamo però pensare che la regola principale dei pionieri del cinema era quella di meravigliare, prima di tutto. Fare quello che non ci si aspetterebbe. E in effetti, così come erano inaspettate le torte in faccia per un avventore di un cinema negli anni 30, così sono inaspettate queste due mammelle posizionate su un abito che ti guarda da dentro un armadio.

Quindi il legame con il titolo del quadro non va cercato né nel soggetto raffigurato, né nell’atmosfera generata dall’opera, ma in qualche modo nella sorpresa e nella comicità evocata da questa immagine. Che è angosciante sì, ma in qualche modo è anche comica, sarcastica. Dai, vedere due poppe attaccate a un vestito… fa ridere!

(o almeno, la prima volta che l’ho visto, io ho riso…)

LA DONNA BARBUTA di Josè de Ribera

Ecco uno dei dipinti più strani e disorientanti di tutta la pittura del seicento: la donna barbuta di Josè de Ribera, detto lo Spagnoletto.

Non si tratta di una fantasia dell’artista, ma di una vera e propria opera di carattere documentaristico.

Tutto vero: la donna è realmente esistita e come documenta l’epigrafe sulla destra, sappiamo che si tratta di Maddalena Ventura, di anni 52, proveniente dal paese di Accumoli, e che dall’età di 37 anni cominciò a crescerle la barba.

Nel 1631, anno in cui fu dipinto il quadro, si trasferì a Napoli, chiamata dal vicerè Fernando Enriquez d’Afán de Ribera, amante dell’arte, noto collezionista di quadri raffiguranti nani, giganti e altri “miracoli” della natura. E infatti fu proprio lui a commissionare l’opera al pittore spagnolo.

Sopra i blocchi di pietra vediamo un fuso ed un arcolaio, elementi che simboleggiano e sottolineano la natura femminile della protagonista del dipinto, nonostante la folta peluria e i tratti virili del volto.

Dall’oscurità emerge la figura di Maddalena in piedi, mentre sta allattando il figlio neonato e accanto a lei il marito. I coniugi guardano in direzione dello spettatore con un’espressione intensa, dalla quale spunta il dramma psicologico della donna e la sua rassegnazione… ma anche quella del marito. Ti sono vicino, sappilo!

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“La Mezzana” di Jan Vermeer

La mezzana è un’opera giovanile di Jan Vermeer, datata 1656.

Ma che cosa rappresenta?

Il quadro è tradizionalmente conosciuto con questo nome, “la mezzana”.

Il termine sta ad indicare una donna che fa da intermediaria nei rapporti o negli incontri amorosi, specialmente se illeciti o mercenari.

Il tema è abbastanza frequente nella pittura olandese del Seicento, dove nei molti dipinti ambientati in taverne e bettole non è raro trovare raffigurazioni di scene che alludono alla prostituzione.

A risaltare è la veste gialla della giovane ragazza, su cui spicca la mano dell’avventore che le stringe il seno. Tutto consentito perché ha appena versato l’obolo. Vediamo infatti il passaggio di denaro proprio al centro della scena.

A sinistra un musicista se la ride (si pensa che possa trattarsi dell’autoritratto dello stesso Vermeer), e se la ride anche la donna anziana, è lei la mezzana, compiaciuta perché la transazione è andata a buon fine.

Alcuni studiosi ipotizzano che non si tratti di una scena da osteria ma di un episodio della parabola del Figliol prodigo, quando il giovane dilapida l’eredità in una taverna in compagnia di meretrici.

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GIONA E LA BALENA: iconografia di un profeta ingoiato da un pesce enorme e poi risputato fuori

Il nuovo video di Arte a modino per la rubrica “ICONOGRAFIA BIZZARRA” è dedicato al profeta Giona. Nello specifico, vi parlo dell’episodio che lo ha reso celebre, ovvero di quando fu inghiottito da un enorme pesce (che NON era una balena) e dello strano modo in cui riuscì a venirne fuori.

Buona visione.

Conigli assassini nei manoscritti medievali

Conigli assassini!

Ma perché? Per quale motivo questi simpatici batuffoletti di pelo sono così spesso raffigurati nei codici manoscritti medievali in atteggiamenti violenti? Fra l’altro queste azioni deprecabili non sono rivolte contro i loro simili: a subire l’ira coniglia sono sempre esseri umani e molto spesso degli indifesi quanto inermi cani.

Nel video cerco di spiegarvi questa strana usanza di copisti e miniatori: lo so, non è facile entrare in quest’ordine di idee. Bisogna vedere il tutto in un’ottica diversa dalla nostra, cercando di immaginare quello che doveva essere il senso dell’umorismo medievale. Ma forse, guardando certe “drolerie”, non è poi così difficile! Buona visione.

Il sogno dei magi

No, non è un immagine tratta da un sito vietato ai minori nella categoria “Threesome-Gay-Interraziale”.

Si tratta bensì di una miniatura di un messale, raffigurante un episodio dei vangeli.

Nell’ultimo video di Arte a modino vi racconto proprio questo: quella volta che i re magi andarono a letto nudi tutti e tre insieme.

Beh, nel Vangelo secondo Matteo non è proprio raccontato così nei dettagli… ma è in questo modo che i magi sono stati spesso rappresentati quando si trattava di raffigurare l’episodio relativo al sogno che fecero dopo aver portato i doni al Messia appena nato a Betlemme!

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La Madonna del cazzotto

Ebbene sì. Esiste un’immagine mariana in cui la Vergine prende a pugni satanasso.

È contenuta in un manoscritto inglese della metà del XIII secolo, un libro d’ore conosciuto come “De Brailes Hours” (Add MS 49999 della British Library) ed è stata realizzata dal miniatore William de Brailes.

Questa particolarissima iconografia è legata ad una leggenda che vede come protagonista non la Madonna, bensì l’arcidiacono cilicio Teofilo di Adana. Vi potrà sembrare la solita storia di quello che si vende l’anima al diavolo, ma c’è molto più di questo: probabilmente questo racconto è stato di ispirazione per tutti i racconti successivi basati sulla vendita dell’anima in cambio di fama, successo, sapere, giovinezza ecc. (pensate alle opere di Marlowe, Goethe, Wilde).

In questa storia la Madonna è chiamata in aiuto del povero Teofilo, il quale, dopo essersi venduto l’anima, si pente ed invoca la Vergine. Quest’ultima, non si sa come, si presenta dal diavolo e riesce a recuperare il contratto di vendita dell’anima firmato con il sangue da Teofilo. Tutto molto bello, ma non quanto il modo in cui il miniatore ha deciso di rappresentare la scena: nessuna delle versioni della leggenda, infatti, descrivono il modo in cui Maria ottenne il contratto da Satana. William de Brailes, per un motivo che ignoro (humor inglese…?), decise di rappresentare la scena come una rissa da pub, con la Vergine che rifila un potente destro in pieno grugno al demonio. Tutto bellissimo. Ve lo racconto nell’ultimo video di Arte a modino.