Per la rubrica “Iconografia Bizzarra” oggi vi parlo delle raffigurazioni del PESCE MONACO e del PESCE VESCOVO.
Due esseri mostruosi che, secondo alcuni stimati naturalisti del XVI secolo, abitavano le profondità marine.
E non lo dicevano per scherzo, al bar con gli amici, magari dopo qualche giro di bevute. Lo mettevano proprio per iscritto nei loro trattati scientifici, quando erano sobri.
E questi trattati sono giunti sino a noi correlati di magnifiche incisioni raffiguranti queste due meraviglie della Natura.
Secondo quanto riportano le fonti, il pesce monaco venne catturato per la prima volta nelle acque della Danimarca nel 1546.
Viene descritto come un mostro marino lungo otto piedi, dal colore violaceo, ricoperto di squame. Dalle raffigurazioni vediamo che è dotato di qualcosa di simile a dei tentacoli ma soprattutto notiamo le inquietanti forme antropomorfe.
Il primo zoologo a menzionarlo fu il francese Guilluame Rondelet nella sua opera “Libri De piscibus marinis” del 1554. Lo studioso dava per certa l’esistenza nei mari del nord di questa specie, che presenta “viso umano, anche se decisamente rozzo e malgrazioso”, con una testolina “liscia e ben rasata”. “sulle spalle una specie di cappuccio da monaco; al posto delle braccia, due lunghe pinne, e il corpo finisce in una lunga coda”.
Era scritto su un trattato di ittiologia, quindi bisognava crederci, no?
Oltretutto, non si tratta dell’unico testo che parla del pesce monaco.
Nel Cinquecento anche altri stimati naturalisti ne parlano, come lo svizzero Conrad Gessner nella sua “Historiae animalium” e il bolognese Ulisse Aldrovandi nella “Monstrorum Historia”
Un altro probabile avvistamento del pesce monaco si ebbe nel 1709, a Varigotti, nei pressi di Finale Ligure
Ne fa menzione il conte carlo bartolomeo Molinari, inviato straordinario dell’Imperatore d’Austria.
Lo descrive come un essere mostruoso color caffè, con una pelle a guisa d’un cappuccio dei padri domenicani. E viene chiamato appunto pesce monaco. Faceva così schifo anche ai pescatori che dopo averlo tenuto un po’ in esposizione al mercato del pesce, gli tagliarono la testa e lo ributtarono in mare. L’evento doveva aver suscitato clamore perché il conte Molinari lo riporta appunto nel suo resoconto all’Imperatore.
Ma non dimentichiamoci del pesce vescovo!
Per quanto riguarda questi responsabili di diocesi marine, abbiamo una testimonianza notevole, addirittura precedente al pesce monaco, risalente al 1433, quando fu pescato nel Mar Baltico e donato nientemeno che al re di Polonia.
In quell’occasione fu mostrato anche ad un gruppo di vescovi cattolici, dei colleghi insomma, ai quali il pesce vescovo si rivolse, e gesticolando, fece loro capire che voleva essere liberato. I vescovi riuscirono a convincere il re che l’animale doveva essere riportato nel suo habitat naturale. Al momento della liberazione, la creatura, riconoscente, si sarebbe fatta il segno della croce per poi immergersi nelle profondità del mare.
Naturalmente nei secoli successivi si è cercato di fare un po’ di chiarezza, cercando di chiedersi a cosa potessero alludere questi studiosi, cercando di capire a cosa potessero riferirsi gli avvistamenti dei pesci monaco e dei pesci vescovo.
Questi due “mostri marini” nascono probabilmente da quella concezione di simmetria della natura, ancora presente al tempo in cui vennero scritti questi trattati, che voleva che ogni creatura terrestre avesse un suo equivalente marino. O molto più semplicemente nasce dalla fantasia degli uomini di mare (non doveva essere facile la vita di pescatori e marinai), che VOLEVANO credere nell’esistenza di questi mostri. Magari i pescatori avevano veramente trovato nelle loro reti dei pesci mostruosi, mai visti prima… e avevano voluto un po’ ricamarci sopra!
Infatti la spiegazione più probabile è che si tratti di altri animali marini, un tempo sconosciuti, adesso invece noti, studiati e classificati.
Potrebbe essere stato uno sbaglio, un travisamento voluto oppure no, o forse la cosa si è ingigantita con il tempo e con passaggio della tradizione orale dei racconti (non credo che nessuno dei naturalisti avesse visto con i propri occhi un pesce monaco) e sicuramente accentuata dalla trasposizione in immagini.
Molto probabilmente quello che avevano visto i pescatori era un’altra specie ittica. Analizzando i pochi elementi in nostro possesso, dati esclusivamente dalle descrizioni delle caratteristiche di questi mostri e confrontandoli con le specie ittiche attualmente conosciute, si è ipotizzato potesse trattarsi di un calamaro gigante, o di qualche particolare specie di razza.
Se vi è piaciuto il video, vi ricordo che sul canale YouTube di Arte a modino ci sono tanti altri video di #iconografiabizzarra! Ecco il link: PLAYLIST ICONOGRAFIA BIZZARRA
Sono passati già dieci anni da quando ci ha lasciato il grande Carlo Monni: ho voluto omaggiarlo alla sua maniera, accanto alla statua che la sua città gli ha dedicato.
La panchina con la statua di Carlo si trova in Piazza Dante a Campi Bisenzio, città natale del Monni, proprio di fronte a quello che un tempo era chiamato “Teatro Dante” e adesso è stato rinominato “Teatrodante Carlo Monni”.
L’ultimo video di Arte a modino è dedicato alla scultura di un personaggio di Guerre Stellari presente in un’importante cattedrale americana.
Non è uno scherzo, esiste veramente: si tratta di Dart Fener o Darth Vader che dir si voglia, il signore oscuro dei Sith, il cui casco spunta da una delle torri, a far compagnia ai Gargoyle in cima alla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Washington, conosciuta come la Washington National Cathedral.
A scanso di equivoci, premetto subito che Dart Fener non ha niente a che vedere con il culto protestante episcopale statunitense. La testa in pietra è quindi stata messa lì per puro scopo decorativo. Mi rendo conto però che questo non basta a giustificare la presenza di un personaggio di Star Wars in una chiesa, oltretutto realizzata in stile neogotico.
Partiamo dall’inizio, dal 1907, anno in cui fu posata la prima pietra della cattedrale, alla presenza del presidente Theodore Roosvelt.
La costruzione si protrasse per molto tempo, non così a lungo come per molte cattedrali europee, ma ci vollero comunque 83 anni per terminarla, arrivando all’inaugurazione del 1990 con il presidente George Bush (padre) che presenziò alla cerimonia.
Quindi si tratta di una chiesa che, nonostante sia costruita in uno stile che ricorda le cattedrali francesi ed inglesi realizzate in stile gotico, rimane un edificio completato alla fine degli anni 80. E se la struttura della chiesa era già definita da tempo secondo il progetto iniziale, per quanto riguarda le decorazioni esterne, ci sono state numerose variazioni ed aggiunte in corso d’opera, fino a pochi anni dal completamento.
Queste aggiunte riguardano soprattutto i Gargoyle e le altre figure che troviamo sparse all’esterno delle torri.
Quando pensiamo ai gargoyle ci vengono in mente creature mostruose, animalesche, come quelle di notre dame o delle altre cattedrali gotiche francesi, figure fantastiche che incutono paura, maligne, che sembrano uscite da uno dei tanti bestiari medievali presenti nelle biblioteche… insomma rappresentazioni tipiche dell’immaginario di quel tempo.
Chiaramente l’arte riflette il tempo in cui viene creata: così i gargoyle e le altre decorazioni mostruose delle cattedrali medievali riflettevano il gusto fantastico dell’epoca.
Nel caso di una chiesa contemporanea non dovrebbe quindi sorprendere che si possa ritrovare una delle rappresentazioni più note del male della nostra epoca: Darth Fener, appunto.
Detto questo, come siamo arrivati alla decisione di scolpire un pezzo di pietra con la forma della testa del cattivo di una nota saga cinematografica di fantascienza e incastonarla ad imperitura memoria nella seconda chiesa più grande degli Stati Uniti?
Ci fu un concorso.
Ma non un concorso come quello del 1401 per le porte del battistero di Firenze… Brunelleschi, Ghiberti… le formelle… No! Dimenticatevi questo tipo di concorso.
Attorno alla metà degli anni Ottanta, la cattedrale organizzò questo concorso per realizzare quattro delle numerose figure che dovevano far parte della decorazione scultorea della chiesa, ormai in fase di completamento. Il concorso venne diffuso attraverso la rivista World, che altro non era che la sezione “ragazzi” del National Geographic, quella che adesso infatti si chiama “National Geographic Kids”.
Era un concorso riservato ai bambini.
Alla redazione della rivista arrivarono circa 1900 disegni da tutto il mondo e alla fine ne vennero scelti, appunto, 4.
Il Darth Fener che avete visto si posizionò al 4°posto, l’ultimo disponibile.
E quali furono gli altri 3 progetti vincitori?
Al primo posto si posizionò lui: il cosiddetto “sagace” con l’ombrello. Sagace perché, essendo queste decorazioni sottoposte alla pioggia, lui è l’unico che si è portato l’ombrello.
Al secondo posto questa figura di bambina con le codine e l’apparecchio ortodontico, detta “Bertha”: i gargoyle devono evocare qualcosa di pauroso, no? Quindi cosa c’è che fa più paura ad un bambino che la prospettiva di doversi mettere l’apparecchio?.
Al terzo posto… eh, al terzo posto un procione. Sì, il procione davanti a Darth Fener.
Va fatta una precisazione: sulla cattedrale di Washington ci sono numerosi gargoyle, ma la decorazione scultorea di Dart Fener non può essere annoverata fra questi.
Un gargoyle propriamente detto è una figura di un animale fantastico e mostruoso al cui interno è inserito un tubo, collegato allo scarico dei canali di gronda, delle grondaie, la cui parte finale è appunto il gargoyle (o italianizzato “gargolla”: lo so, è tremendo, ma esiste nel vocabolario italiano, e poi il ministro Sangiuliano ha detto di non usare termini stranieri quando possibile)
Il nostro Darth Fener però, come molte altre decorazioni scultoree della cattedrale, non ha alcun tubo al suo interno, non fa parte del sistema di drenaggio delle acque piovane, e quindi non può essere definito un gargoyle…
Gli anglofoni per definire queste decorazioni parlano di “grotesque”.
In italiano non usiamo il termine “grottesca”, perché si riferisce ad un particolare tipo di decorazione pittorica.
Il termine più corretto in italiano per etichettare questo tipo di decorazione sarebbe “chimera”, che in architettura sta ad indicare appunto un elemento decorativo scultoreo che rappresenta una figura fantastica, tendenzialmente zoomorfa.
La testa di Fener e le altre “grotesque” hanno comunque una funzione di salvaguardia delle pareti esterne dell’edificio: servono a deviare l’acqua piovana facendola rimbalzare sulla parte superiore delle loro teste, o altre parti sporgenti, così da farla sgorgare lontano dai muri di pietra.
La testa di Dart fener Spunta dalla torre nord ovest (non a caso, forse, perchè è quella che più spesso è nell’ombra, quindi è il lato oscuro della cattedrale) . È a grandezza naturale, grande come una testa umana, ed è posizionata in cima ad una delle torri più alte della chiesa. Per questo motivo è praticamente impossibile vederla ad occhio nudo. Non a caso nell’opuscolo che danno in cattedrale ci sono le istruzioni precise per riuscire ad individuarla, anche perché a quelli che ci lavoravano glielo chiedevano 300 volte al giorno, sembra che la gente vada a visitare la cattedrale di Washington solo per vedere darth fener, è l’attrazione principale, ecco!
E comunque se volete vederlo, ricordatevi di portare un binocolo, perché altrimenti è letteralmente impossibile.
Alla fine del video vedrete anche alcune fra le numerose sculture che decorano l’esterno della cattedrale (che conta in tutto 112 gargoyle, o gargolle, e ben 1130 decorazioni scultoree). Alcune veramente assurde, ma che nascondono delle interessanti storie.
Anche l’Ente per il turismo della Città del Vaticano non ha voluto essere da meno.
E ha trovato un testimonial d’eccezione!
Un testimonial meno “pagano” rispetto alla influencer scelta per la campagna “Open to Meraviglia” voluta dal Ministero del Turismo italiano, ma di certo non meno attraente e curato nel fisico.
Avrete senz’altro già visto ovunque le immagini della nuova campagna per promuovere l’Italia presentata dal Ministero del Turismo, “OPEN TO MERAVIGLIA”.
Che ideona originale!
In bicicletta al Colosseo, selfie in Piazza San Marco a Venezia, il mare della Puglia e poi a mangiare una pizza.
Una bella sfilza di luoghi comuni, insomma.
Ma fra tutte le cose che può fare una bella turista bionda straniera in Italia si sono dimenticati di una cosa che non può assolutamente mancare: la foto mentre regge la torre di Pisa perché la un caschi!
In questi giorni si parla molto del prestito di un’opera d’arte, il busto marmoreo del Salvator Mundi attribuito a Gian Lorenzo Bernini, proveniente dalla Basilica di San Sebastiano fuori le mura.
Molto spesso fanno discutere le scelte di alcuni prestiti di opere per delle mostre. Si discute se ne valga la pena o meno, a seconda del tipo di mostre soprattutto a seconda del tipo di opera prestata. Sappiamo, uno spostamento di un’opera d’arte dal proprio museo o dalla propria sede implica sempre una percentuale di rischio per l’incolumità dell’opera stessa.
In questo caso, oltretutto, non si tratta nemmeno di un prestito ad una mostra, ma si tratta di un prestito ad un aeroporto.
Il busto del Salvatore è stato prestato all’aeroporto di Fiumicino ed è attualmente esposto al Terminal 1 dell’Aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino.
Solitamente per le opere che vengono “spostate” sappiamo sempre la data d’inizio e di fine del prestito, che coincide solitamente con le date di apertura della mostra… ma in questo caso non è dato infatti sapere per quanto tempo l’opera rimarrà al terminal dell’aeroporto.
Il fatto che su wikipedia alla voce “ubicazione” sia stato già apportato un cambiamento (definitivo?), mi fa un po’ preoccupare.
Nel video vi parlo anche della mia esperienza riguardo alle opere d’arte esposte negli aeroporti (me ne vergogno un po’, ma è andata veramente così!)
Nell’ultimo video di Arte a modino vi parlo di una statuetta risalente al primo secolo, ritrovata nella regione francese della Piccardia. Raffigura il dio PRIAPO.
Penso che tutti voi sappiate per quale particolare anatomico era famoso Priapo, credo non ci sia bisogno di specificare.
Sono giunte sino a noi numerose statuette raffiguranti Priapo, tutte riconoscibilissime dal fatto che… erano un po’ sbilanciate in avanti, diciamo… sì, insomma… dovevano avere un basamento bello pesante per poter stare in piedi!
Questa statuetta invece è diversa dalle altre. Apparentemente non presenta alcun attributo particolare per poter affermare che si tratti di una statua raffigurante Priapo. E invece…
In questi giorni, rovistando nella mia libreria, ho ritrovato una cartolina con vecchia pubblicità della Levi’s.
Guarda un po’… proprio nei giorni in cui si parla dell’insegnante della Florida che è stata licenziata per aver fatto vedere ai suoi studenti le foto del David di Michelangelo durante una lezione di storia dell’arte!
Notate la “forte carica trasgressiva”.
Oggi vi parlo di quando alla British Library venne scoperto il manoscritto con l’antica ricetta per cucinare l’unicorno: in alcune pagine di questo ricettario medievale vennero trovate infatti le indicazioni su come preparare un delizioso manicaretto a base del pregiato animale, il tutto correlato da splendide miniature trecentesche che illustravano il procedimento, nonché alcuni suggerimenti sull’impiattamento e la presentazione a tavola della pietanza.
Si chiama proprio così: “Pinocchio di Pinocchi”.
È l’opera realizzata da Edoardo Malagigi con materiali di riciclo: a venire riutilizzati sono stati i pezzetti difettati o scartati durante la lavorazione industriale delle piccole riproduzioni in legno del famoso burattino.
L’enorme statua, alta 3 metri e mezzo, è esposta durante la “settimana del fiorentino” in occasione dei 140 anni dalla pubblicazione del libro di Collodi. La potrete ammirare nel cortile di Michelozzo in Palazzo Vecchio a Firenze fino al 9 aprile 2023.