Chiara Ferragni si è ispirata a Magritte?
Dite la verità: l’avete vista tutti, anche se non avete guardato Sanremo.
Penso che tutti voi abbiate visto uno dei vestiti indossati da Chiara Ferragni durante la prima serata del festival. Ne hanno parlato telegiornali, rotocalchi, su internet… sui social non ne parliamo! Si sono sprecati commenti di ogni tipo.
Ne voglio parlare in questo video non perché voglio dare una svolta ad Arte a modino facendolo diventare un videoblog di moda, ma perché effettivamente esiste un legame con la Storia dell’Arte.
L’abito indossato dalla Ferragni è stato realizzato da Dior, quindi lungi da me affermare che si sia trattato di plagio… è un capo originale, non voglio mettere in dubbio questo. Al massimo possiamo dire che è stato “ispirato” ad un’opera di un celebre artista del Novecento (e comunque il vestito è stato realizzato da Dior su un’idea di Chiara Ferragni, quindi l’ispirazione è da imputare semmai alla Ferragni stessa).
Chiara ci tiene subito a precisare che il vestito non è trasparente come a prima vista sarebbe potuto sembrare. È un trompe-l’oeil, come riporta anche sui suoi profili social: un vestito in tulle color carne che riproduce con un ricamo trompe-l’oeil il suo corpo. Quindi quello che vediamo non sono le forme di Chiara, ma il disegno riprodotto a ricamo del suo corpo.
L’opera che ricorda da vicino il vestito sanremese è un quadro di Renè Magritte, datato 1936, dal titolo “in memoriam Mack Sennett”. Mack Sennett fu un attore, regista e produttore cinematografico hollywoodiano, ancora in vita quando Magritte realizzò il quadro, ma che aveva da poco terminato la sua carriera, i suoi ultimi film risalgono a pochi anni prima che Magritte realizzasse quest’opera. Era andato in pensione e quindi questo “in memoriam” dovrebbe riferirsi a questo. Dico “dovrebbe” perché con Magritte non possiamo mai essere certi di niente.

Mack Sennett fu considerato il re della commedia nel periodo d’oro del cinema muto, lavorò con Chapli, Buster Keaton e poi con Stan Lauren e Oliver Hardy.
Ma analizziamo l’opera: è di questo che volevo parlarvi, usando la Ferragni come pretesto.
Cosa vediamo: un normalissimo armadio in legno, un armadio di quelli “della nonna” mi verrebbe da dire, ma negli anni ’30 questo era un comunissimo armadio.
Posizionato in una normalissima stanza, lo si capisce dall’angolo di parete che vediamo a sinistra e dal breve tratto di battiscopa in basso a destra.
Una delle ante dell’armadio è aperta, e al suo interno vediamo il vestito appeso ad una gruccia.
C’è solo quello e nient’altro.
L’occhio naturalmente è indirizzato verso la parte superiore dell’abito, da cui spuntano due mammelle: e questo basta per dare a tutto il dipinto un’aria surreale e una generale sensazione di disagio (e probabilmente era proprio questo lo scopo dell’artista!).
Come in molte opere di Magritte, è la giustapposizione di alcuni elementi a creare la sensazione surreale dell’opera. Niente di male a vedere un seno femminile, ma è un po’ spiazzante vederlo su un vestito. Oltretutto un vestito che sembra vivere di vita propria, quasi spettrale.
Il significato di tutto ciò ci è oscuro: c’è chi ha ipotizzato che ci sia un riferimento al suicidio della madre dell’artista. La madre morì annegata e quando fu ritrovato il corpo, il vestito le copriva il viso. Da qui sembrerebbe nascere il fascino di Magritte per i volti coperti da panni, o nascosti da altri oggetti oppure addirittura volti mancanti, come in molte sue opere. Anche in questo caso il vestito sembrerebbe simboleggiare una persona, ma il volto è assente.
Ma cosa c’entra con Mack Sennett del titolo?
Cosa c’entra con il produttore e attore cinematografico?
Apparentemente niente. E anche qui sono state fatte delle ipotesi.
Si potrebbe ipotizzare un legame con il cinema, con la commedia in particolare, la slapstick comedy, lanciata da Mack Sennett e tanto amata da Magritte.
La slapstick comedy è un sottogenere del cinema comico nato con il cinema muto, basato su una comicità che sfrutta il linguaggio del corpo e si fonda principalmente su gag elementari ma efficaci (torte in faccia, calci nel sedere, tanto per capirci…).
Capisco il vostro disorientamento cercando di trovare un connubio fra quest’opera e i film in bianco e nero con le torte in faccia, ma cerchiamo per un momento di entrare nella testa di Magritte, o per lo meno cercare di comprendere un artista vissuto in quegli anni: la generazione di artisti di cui faceva parte Magritte fu la prima ad avere a che fare con un mezzo potentissimo come il cinema. Ed è quindi probabile che abbia in qualche modo lasciato il segno nelle sue produzioni, nel suo linguaggio artistico. Anche se quest’opera a prima vista angosciante ci sembra distante anni luce da i film di Ridolini e Charlie Chaplin, dobbiamo però pensare che la regola principale dei pionieri del cinema era quella di meravigliare, prima di tutto. Fare quello che non ci si aspetterebbe. E in effetti, così come erano inaspettate le torte in faccia per un avventore di un cinema negli anni 30, così sono inaspettate queste due mammelle posizionate su un abito che ti guarda da dentro un armadio.
Quindi il legame con il titolo del quadro non va cercato né nel soggetto raffigurato, né nell’atmosfera generata dall’opera, ma in qualche modo nella sorpresa e nella comicità evocata da questa immagine. Che è angosciante sì, ma in qualche modo è anche comica, sarcastica. Dai, vedere due poppe attaccate a un vestito… fa ridere!
(o almeno, la prima volta che l’ho visto, io ho riso…)